Corte di Cassazione - Esclusione dalla società del socio fallito, compimento degli effetti e revoca della sentenza di fallimento
Cassazione civile, sez. III , 24 marzo 2011, n. 6734 - Pres. Filadoro - Est. De Stefano.
Società di persone - Fallimento del socio illimitatamente responsabile - Esclusione di diritto - Compimento degli effetti - Revoca della dichiarazione di fallimento - Efficacia retroattiva - Responsabilità del socio per i debiti sociali - Sussistenza.
Fallimento - Incapacità del fallito - Incapacità relativa - Creditore estraneo alla procedura concorsuale che agisca contro il fallito personalmente - Interesse ad agire - Sussistenza - Interesse del fallito a resistere - Efficacia ed esecutività dopo la chiusura del fallimento.
Società di persone - Ingiunzione di pagamento nei confronti della società - Efficacia nei confronti dei soci - Sussistenza - Onere dei soci di proporre opposizione - Prescrizione - Sospensione per la durata del fallimento.
Se è vero che l'articolo 2288 c.c. - ritenuto dalla giurisprudenza applicabile a tutte le tipologie di società di persone - prevede l'esclusione di diritto del socio che sia stato dichiarato fallito, occorre tuttavia precisare che quest'ultimo risponde comunque dei debiti sociali sorti dopo la dichiarazione di fallimento che sia stata successivamente revocata. Infatti, fino a quando non si siano compiuti tutti gli effetti della situazione giuridica complessiva conseguente all'esclusione di diritto (liquidazione della quota del socio escluso o, nelle società di due soli soci, la liquidazione della società) il mancato completamento della loro normale sequenza, unitamente alla riconosciuta retroattività della sentenza di revoca del fallimento, investe l'intera vicenda ponendola nel nulla, come se non fosse mai venuta a giuridica esistenza. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
L'incapacità del fallito non è assoluta ma, in relazione alle finalità per le quali è prevista, relativa, tanto che il suo rilievo è rimesso all'iniziativa degli organi della massa dei creditori, nell'interesse di quali è prevista ed ai quali soltanto è così concesso eccepirla. Pertanto, il creditore che si mantenga estraneo alla procedura concorsuale ben può agire contro il fallito per ottenere un provvedimento che, pur non essendo opponibile al momento alla massa dei creditori, diviene eseguibile quando il debitore sia ritornato in bonis; ne consegue che, se il fallito non si difende a seguito della notifica del decreto ingiuntivo da parte di un creditore per un credito estraneo alla massa, il provvedimento, decorsi i termini di opposizione, diviene definitivo ed acquista esecutività dopo la chiusura del fallimento. Deve quindi ritenersi: da un lato, possibile per il creditore agire contro il suo debitore in proprio, anche quando sia fallito, potendo egli conseguire un titolo per la tutela post fallimentare delle sue ragioni di credito; dall'altro, necessario per il debitore fallito, destinatario di un'ingiunzione in proprio, opporsi in tale qualità nell'inerzia (del resto comprensibile, per l'inopponibilità alla massa di quel titolo) alla curatela. Sulla scorta di questi principi, deve concludersi nel senso che, spettando comunque al fallito una limitata capacità processuale, egli ha l'onere di proporre opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti, verificandosi, in mancanza, anche nei suoi confronti l'effetto della definitività del decreto monitorio stesso. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Il decreto ingiuntivo pronunciato nei confronti di una società in nome collettivo estende i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili e, pertanto, ciascuno di questi ha l'onere di proporvi opposizione, con la conseguenza che, in mancanza, il monitorio stesso diviene definitivo anche nei confronti del socio e questi non può opporre l'eventuale prescrizione maturata in precedenza. Per l'interruzione della prescrizione, la quale resta sospesa per tutta la durata della procedura fallimentare anche se revocata, rileva la domanda di insinuazione al passivo fallimentare e non anche il successivo eventuale provvedimento di ammissione al medesimo. Spetta al fallito una limitata capacità processuale e, pertanto, egli ha l'onere di proporre opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti, verificandosi, in mancanza, anche nei suoi confronti, l'effetto della definitività del monitorio stesso. (Stefania Piacentini) (riproduzione riservata)
Segnalazione dell'Avv. Stefania Piacentini - Clifford Chance
(Provvedimento e massime tratti dalla rivista on-line www.ilcaso.it - Riproduzione riservata).
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Corte di Cassazione 24 marzo 2011 n. 6734.pdf | 669.55 KB |