Tribunale di Busto Arsizio – Procedura familiare di liquidazione dei beni: considerazioni in tema di falcidia del crediti relativi alla cessione del quinto dello stipendio e di durata eccedente i quattro anni dal deposito della domanda.
Tribunale di Busto Arsizio, Sez. II civ., 07 marzo 2022 (data della pronuncia) – Giud. Elisa Tosi.
Sovraindebitamento - Procedura familiare di liquidazione dei beni – Stipendi di entrambi i coniugi - Messa a disposizione dei creditori – Crediti interessati alla cessione del quinto – Falcidiabilità – Ragione.
Sovraindebitamento - Procedura familiare di liquidazione dei beni – Durata della procedura eccedente i quattro anni – Previsione ammissibile – Fondamento – Limite.
Anche con riferimento alla procedura di liquidazione dei beni [nello specifico, ammissibilmente proposta in ambito familiare, mediante la quale marito e moglie avevano messo a disposizione dei creditori i rispettivi stipendi futuri], come avviene rispetto alle altre procedure volte al superamento della crisi da sovraindebitamento, si deve ritenere che i creditori chirografari cessionari del quinto debbano subire, in ragione della concorsualità di tale procedura e del necessario rispetto del principio della par condicio creditorum, l'effetto della falcidia; ciò in quanto non beneficiano di un effetto definitivo ma possono giovarsi solo di una modalità di riscossione divenuta incompatibile per i suddetti motivi. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
In sede di liquidazione dei beni, deve ritenersi ammissibile la richiesta del sovraindebitato [o dei familiari conviventi interessati ad una situazione debitoria avente origine comune] volta a prolungare la durata della procedura oltre il termine di quattro anni dal deposito della domanda, previsto dall’art. 14 quinquies, quarto comma L. 3/2012, nonché dagli artt. 14 novies, ultimo comma, e 14 undecies di detta legge, in quanto trattasi di termine posto dal legislatore nell’interesse del ceto creditorio per evitare che, in caso di rapido svolgimento delle operazioni di cessione dei beni, il debitore possa accedere al beneficio della esdebitazione mettendo a disposizione una quota dei suoi redditi futuri complessivamente modesta o, comunque, sottraendo alla garanzia dei creditori i beni sopravvenuti in un lasso di tempo eccessivamente ristretto rispetto al deposito della domanda stessa. L’ampliamento “volontario” della finestra temporale durante la quale i beni ed i redditi sopravvenuti entrano a far parte del compendio da liquidare (al netto delle passività inerenti all’acquisto dei beni e della quota che occorre al mantenimento del debitore e del suo nucleo familiare) non risulta infatti in astratto incompatibile con le finalità dell’istituto, vale a dire con quella di perseguire il miglior soddisfacimento dei creditori e quella di consentire, nel contempo, al debitore di ottenere la declaratoria di inesigibilità dei crediti non integralmente soddisfatti; ciò però purché tale estensione non si traduca in una dilatazione della durata della liquidazione che non consenta di “assicurare la ragionevole durata della procedura” e che, in definitiva, confligga con l'esigenza di permettere un nuovo “inizio” al debitore [rischio che, nello specifico, il Tribunale ha ritenuto non sussistesse essendo la tempistica indicata dai debitori di poco superiore alla durata minima di legge]. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/27397.pdf
[con riferimento alla prima massima, ma in relazione ad un piano del consumatore, anche in quel caso presentato congiuntamente da due coniugi entrambi debitori, cfr. in questa rivista: Tribunale di Napoli Nord, Sez. III civ., 18 maggio 2018https://www.unijuris.it/node/4394].