Corte di Cassazione – Condanna per reato di bancarotta fraudolenta e durata decennale delle pene accessorie. Motivazione necessaria della pronuncia di responsabilità.
Corte di Cassazione, Sez. V pen., 09 novembre 2016 n. 46955 - Pres. Savani, Rel. Lapalorcia.
Fallimento - Reato di bancarotta fraudolenta - Pronuncia di responsabilità dell’imputato - Pena accessoria - Durata fissa decennale – Inderogabilità.
Sentenza – Giudice - Adesione agli accertamenti tecnici del perito - Motivazione necessaria – Tesi contrarie dei periti di parte – Necessaria confutazione.
Stante la pronuncia di inammissibilità della questione da parte della Corte Costituzionale (sentenza n. 134/2012) e stante l’orientamento giurisprudenziale che si è consolidato dopo le poche precedenti pronunce in senso contrario, si deve ritenere che sia destituito di fondamento che la condanna per uno dei fatti previsti dall’art. 216 L.F. non possa comportare una durata delle pene accessorie (consistenti, ai sensi del quarto comma di detta disposizione, nell’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e nell’incapacità all’esercizio di uffici direttivi presso qualsiasi impresa) che sia stabilita nella misura fissa ed inderogabile di dieci anni, anziché in una misura che sia commisurata di volta in volta a quella della pena principale e che consideri i dieci anni fissati da detta norma solo come il limite massimo irrogabile di dette pene accessorie. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
Per quanto risponda a principi consolidati che il giudice può porre a fondamento del proprio convincimento, e perfino trasfondere nella motivazione della sentenza, le osservazioni del perito nominato o comunque ad esse fare riferimento, costituisce nondimeno jus receptum che, allorché ritiene di aderire agli accertamenti tecnici del perito, il giudice debba tuttavia motivare, per quanto in modo non particolarmente diffuso, tale adesione anche per confutare la tesi contraria sostenuta dalle parti, dimostrando di aver comunque criticamente valutato le conclusioni del perito d’ufficio., senza ignorare le argomentazioni degli altri consulenti (nello specifico la Corte ha ritenuto che, stante la mera trasposizione in sentenza da parte della Corte d’Appello della perizia, la motivazione della pronuncia di responsabilità dell’imputato doveva ritenersi del tutto assente). (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
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