Corte di Cassazione - Trust e procedure concorsuali.
Cassazione civile, sez. I 09 maggio 2014, n. 10105 - Pres. Vitrone - Est. Loredana Nazzicone
Trust - natura giuridica ed effetti.
Trust - necessità di esaminare, al fine di valutarne la liceità, le circostanze del caso di specie.
Trust liquidatorio - condizioni di riconoscibilità.
Trust liquidatorio - conseguenze in caso di violazione delle norme in materia di procedure concorsuali.
Trust liquidatorio - inefficacia delle clausole di salvaguardia.
Trust liquidatorio inefficace - conseguenze sul trasferimento in favore del trustee.
Il trust non è un soggetto giuridico dotato di una propria personalità ed il trustee è l'unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi, non quale "legale rappresentante" di un soggetto (che non esiste), ma come soggetto che dispone del diritto. L'effetto proprio del trust validamente costituito è dunque quello non di dar vita ad un nuovo soggetto, ma unicamente di istituire un patrimonio destinato al fine prestabilito. (Avv. Francesco Dialti, Studio Legale Associato a Watson, Farley & Williams)
Quale strumento negoziale "astratto", il trust può essere piegato invero al raggiungimento dei più vari scopi pratici; occorre perciò esaminare, al fine di valutarne la liceità, le circostanze del caso di specie, da cui desumere la causa concreta dell'operazione: particolarmente rilevante in uno strumento estraneo alla nostra tradizione di diritto civile e che si affianca, in modo particolarmente efficace, ad altri esempi di intestazione fiduciaria volti all'elusione di norme imperative. (Avv. Francesco Dialti, Studio Legale Associato a Watson, Farley & Williams)
Ove il trust intervenga con finalità di liquidazione del patrimonio sociale segregato, in astratto tre le situazioni che possono configurarsi: a) il trust viene concluso per sostituire in toto la procedura liquidatoria, al fine di realizzare con altri mezzi il risultato equivalente di recuperare l'attivo, pagare il passivo, ripartire il residuo e cancellare la società; b) il trust è concluso quale alternativa alle misure concordate di risoluzione della crisi d'impresa (cd. trust endo-concorsuale); c) il trust viene a sostituirsi alla procedura fallimentare ed impedisce lo spossessamento dell'imprenditore insolvente (cd. trust anti-concorsuale). Nel primo caso, potrebbe dirsi lo strumento vietato, qualora si esiga che esso, per essere riconosciuto nel nostro ordinamento, assicuri un quid pluris rispetto a quelli già a disposizione dell'autonomia privata nel diritto interno. Non sembra però che l'ordinamento imponga questo limite, alla luce del sistema rinnovato dalle riforme attuate negli ultimi anni, che ammettono la gestione concordata delle stesse crisi d'impresa. Nelle altre due fattispecie, poi, la causa concreta va sottoposta ad un vaglio particolarmente attento e, in caso di esito negativo, il trust sarà non riconoscibile, non potendo l'ordinamento fornire tutela ad un regolamento di interessi che, pur veicolato da un negozio in astratto riconoscibile in forza di convenzione internazionale, in concreto contrasti con i fini di cui siano espressione norme imperative interne. In particolare, ove la causa concreta del regolamento in trust sia quella di segregare tutti i beni dell'impresa, a scapito di forme pubblicistiche quale il fallimento, che detta dettagliate procedure e requisiti a tutela dei creditori del disponente, l'ordinamento non può accordarvi tutela. II trust, sottraendo il patrimonio o l'azienda al suo titolare ed impedendo una liquidazione vigilata - in quanto rimette per intero la liquidazione dell'attivo alla discrezionalità del trustee - determina I'effetto, non accettabile per il nostro ordinamento, di sottrarre il patrimonio del debitore ai procedimenti pubblicistici di gestione delle crisi d'impresa ed all'attivo fallimentare della società settlor il patrimonio stesso. (Avv. Francesco Dialti, Studio Legale Associato a Watson, Farley & Williams)
Ove il trust sia regolato dalla legge di Jersey (Channel Islands), la validità del medesimo, se lo si vuole riguardare quale atto istitutivo, andrebbe vagliata alla stregua di quella disciplina (nata per permettere con una certa ampiezza il ricorso allo strumento fiduciario). Ma al vaglio di validità secondo il diritto straniero prescelto è preliminare la formulazione di un giudizio di riconoscibilità del trust nel nostro ordinamento, nel raffronto con le norme inderogabili e di ordine pubblico in materia di procedure concorsuali. E laddove il trust si palesi oggettivamente incompatibile con queste, lo strumento, ponendosi in deroga alle medesime, sarà "non riconoscibile" ai sensi dell'art. 15 della Convenzione dell'Aja del 1° luglio 1985. Ne deriva che il giudice che pronunci la sentenza dichiarativa del fallimento dovrà provvede incidenter tantum al disconoscimento del trust liquidatorio, il quale finisce per eludere artificiosamente le disposizioni concorsuali sottraendo al curatore la disponibilità dell'attivo societario; una volta accertata la non riconoscibilità, lo strumento non produce alcun effetto giuridico nel nostro ordinamento, in particolare non quello di creare un patrimonio separato, restando tamquam non esset; in tal caso, posto che la Convenzione ex art. 15 non può costituire «ostacolo» all'applicazione della disciplina dell'insolvenza, è quest'ultima a porsi, all'inverso, come ostacolo al riconoscimento del trust. La sanzione della nullità (ex art. 1343, 1344, 1345, 1418 c.c.) presuppone che I'atto sia stato riconosciuto dal nostro ordinamento; il conflitto con la disciplina inderogabile concorsuale determina invece la stessa inesistenza giuridica del trust nel diritto interno. II trust deve essere disconosciuto dal giudice del merito, ogni volta che sia dichiarato il fallimento per essere accertata l'insolvenza del soggetto, ove l'insolvenza preesistesse all'atto istitutivo. Dalla dichiarazione di fallimento deriva, quindi, l'integrale non riconoscimento del trust, ai sensi dell'art. 15, primo comma, lett. e) della Convenzione dell'Aja. (Avv. Francesco Dialti, Studio Legale Associato a Watson, Farley & Williams)
Il trust liquidatorio in presenza di uno stato preesistente di insolvenza non è riconoscibile nell'ordinamento italiano, onde il negozio non ha l'effetto di segregazione desiderato; l'inefficacia non è esclusa nè dal fine dichiarato di provvedere alla liquidazione armonica della società nell'esclusivo interesse del ceto creditorio (od equivalenti), nè dalla clausola che, in caso di procedura concorsuale sopravenuta, preveda la risoluzione e la consegna dei beni al curatore (clausola di salvaguardia). Tale clausola resta, infatti, inoperante, come tutto il negozio, privo in via assoluta di effetti in quanto non riconosciuto ab origine. (Avv. Francesco Dialti, Studio Legale Associato a Watson, Farley & Williams)
Secondo l'art. 4 della Convenzione dell'Aja, questa non si applica alle questioni preliminari relative alla validità degli «atti giuridici in virtù dei quali dei beni sono trasferiti al trustee». Alla stregua, dunque, della legge interna, dal momento che il negozio istitutivo del trust si pone come antecedente causale (almeno dal punto di vista logico-giuridico, anche qualora contestuale) dell'attribuzione patrimoniale operata con l'atto di trasferimento dei beni, ove non riconoscibile il primo diviene privo di causa il secondo (nullo ex art. 1418, secondo comma, prima parte, c.c. perchè operato in esecuzione di negozio non riconoscibile). In tal modo, il curatore, per effetto dello spossessamento fallimentare che priva il fallito della disponibilità di suoi beni, tra i quali sono da ricomprendere tutti i diritti patrimoniali inefficacemente trasferiti, può materialmente procedere all'apprensione di essi. (Avv. Francesco Dialti, Studio Legale Associato a Watson, Farley & Williams)
(Provvedimento segnalato dall’ Avv. Francesco Dialti, Studio Legale Associato a Watson, Farley & Williams)
Riferimenti normativi
Codice civile: articoli 1343, 1344, 1345, 1418
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Corte di Cassazione 9 maggio 2014 n. 10105.pdf | 9.95 MB |