Tribunale di Nola – Azione revocatoria ed azione di simulazione esperite dal curatore – Onere probatorio

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Data di riferimento: 
01/02/2011

Tribunale di Nola, 01 febbraio 2011 - Est. Maffei.

Costituisce ius receptum il principio secondo cui l'interesse del curatore all'esperimento dell'azione revocatoria con riguardo agli atti traslativi stipulati dal fallito non può essere di per sé escluso per il solo fatto che un creditore, interamente o parzialmente soddisfatto, sia garantito da privilegio fondiario, sotto il profilo della mancanza di un pregiudizio per la massa, atteso che tale pregiudizio non può essere negato a priori, ma soltanto in esito al riparto dell'attivo fallimentare, che assicuri il concreto soddisfacimento di tutti i creditori privilegiati in pari grado. (dott.ssa Irma Giovanna Antonini - Riproduzione riservata)

La pattuizione di un prezzo molto inferiore al valore di mercato della cosa venduta, e però non del tutto privo di valore intrinseco, non può determinare l'insorgenza della questione della nullità del negozio per la mancanza del requisito del prezzo, così come non può rilevare, a tal fine, la circostanza che il prezzo in origine seriamente pattuito non sia stato poi in concreto pagato. (dott.ssa Irma Giovanna Antonini - Riproduzione riservata)

Analogamente, non ricorre ipotesi di nullità per mancanza del requisito essenziale del prezzo, qualora sia presente una clausola contrattuale in cui il fallito dichiari, in sede di stipulazione del negozio, che parte del prezzo era stata pagata precedentemente, giacché l'esigenza della determinatezza o determinabilità del prezzo è soddisfatta da tale dichiarazione, essendo in essa necessariamente implicito che l'oggetto dell'obbligazione assunta dal compratore è stato determinato, per accordi intercorsi tra le parti, non potendosi concepire il pagamento di un prezzo che non sia stato in concreto esattamente definito. (dott.ssa Irma Giovanna Antonini - Riproduzione riservata)

Il curatore che agisce in simulazione, per fare accertare il carattere simulato di un contratto posto in essere dal fallito, non si pone quale mero sostituto processuale del fallito medesimo, ma esercita, come quando agisce in revocatoria, un'azione concessa dall'ordinamento a terzi, e tra questi i creditori del fallito, per far valere la simulazione che pregiudica i loro diritti. (dott.ssa Irma Giovanna Antonini - Riproduzione riservata)

L'azione di simulazione per l'accertamento del carattere simulato di un contratto posto in essere dal fallito, dopo la dichiarazione di fallimento, può essere iniziata o proseguita soltanto dal curatore, in quanto strumentale all'esercizio di azioni esecutive (art. 51 LF). (dott.ssa Irma Giovanna Antonini - Riproduzione riservata)

Nell'azione diretta all'accertamento del carattere simulato di un contratto posto in essere dal fallito, il curatore cumula la legittimazione già spettante al fallito (art. 43 LF) con quella già spettante ai creditori (art. 1415, 2° co., c.c.). (dott.ssa Irma Giovanna Antonini - Riproduzione riservata)

Il curatore fallimentare, agendo come "terzo", può fornire la prova della simulazione, ai sensi dell'art. 1417 c.c., anche mediante testimoni e presunzioni, le quali ultime sono ammissibili ogni qualvolta è ammessa la prova testimoniale. Tuttavia, in considerazione della diversità dei presupposti esistenti tra negozio simulato e negozio soggetto ad azione revocatoria, ad integrare gli estremi della simulazione, non è sufficiente la prova che, attraverso l'alienazione di un bene, il debitore abbia inteso sottrarlo alla garanzia generica dei creditori, ma è necessario provare specificamente che questa alienazione sia stata soltanto apparente, nel senso che né l'alienante abbia inteso dismettere la titolarità del diritto, né l'altra parte abbia intesa acquistarla. (dott.ssa Irma Giovanna Antonini - Riproduzione riservata)

L'azione revocatoria ordinaria prevista dall'art. 66 LF e l'azione revocatoria fallimentare ex art. 67 LF, benché siano entrambe dirette a tutelare i creditori nei confronti di atti di disposizione pregiudizievoli delle loro ragioni, si differenziano quanto alla disciplina dei presupposti soggettivi, del regime probatorio e della legittimazione al suo esercizio, poiché la prima può essere proposta anche anteriormente all'apertura della procedura concorsuale, che segna soltanto il momento dal quale la legittimazione ad esercitarla ed a proseguirla spetta esclusivamente al curatore fallimentare, mentre la seconda può essere esperita soltanto in virtù ed a seguito della dichiarazione di fallimento. (dott.ssa Irma Giovanna Antonini - Riproduzione riservata)

La dichiarazione di fallimento del debitore comporta soltanto la sostituzione del curatore ai creditori nella legittimazione a proporre l'azione in questione, la devoluzione della cognizione della stessa al Tribunale fallimentare e l'estensione a vantaggio indistintamente di tutti i creditori degli effetti dell'accoglimento della domanda, senza incidere sui requisiti sostanziali dell'azione, atteso che, pur assumendo il carattere di "azione di massa", resta pur sempre ancorata alle specifiche condizioni previste dall'art. 2901 c.c.; il che induce ad escludere che possa configurarsi come azione nuova ed autonoma rispetto a quella già esperibile dai singoli creditori. (dott.ssa Irma Giovanna Antonini - Riproduzione riservata)

Il curatore fallimentare che intenda promuovere l'azione revocatoria ordinaria, per dimostrare la sussistenza dell'eventus damni ha l'onere di provare tre circostanze: a) la consistenza del credito vantato dai creditori ammessi al passivo nei confronti del fallito; b) la preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento dell'atto pregiudizievole; c) il mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore per effetto di tale atto. (dott.ssa Irma Giovanna Antonini - Riproduzione riservata)

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