Tribunale di Napoli - Misure cautelari del procedimento prefallimentare, caratteristiche e presupposti.

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Data di riferimento: 
30/03/2012

Tribunale Napoli, 30 marzo 2012 - Pres. Di Nosse - Est. Dongiacomo.

Procedimento per dichiarazione di fallimento - Misure cautelari - Presupposti - Vendite immobiliari e costituzione di trust - Atti già compiuti - Inidoneità a dimostrare il periculum in mora - Fattispecie.

Procedimento per dichiarazione di fallimento - Misure cautelari - Presupposti.

La circostanza che l'imprenditore abbia posto in essere atti quali vendite immobiliari, costituzione di trust o, tramite iniziative di terzi, iscrizioni di ipoteche giudiziali, non è sufficiente, qualora tali atti siano già stati compiuti, a dimostrare un contegno in atto tale da far concretamente presumere che la sua prosecuzione o attuazione possa pregiudicare la concreta fruttuosità della invocata sentenza di fallimento, tanto più se si considera che, al fine di prevenire il pericolo in questione, (cioè la possibilità che vengono poste in essere attività distruttive o depauperative del patrimonio dell'impresa per il tempo necessario alla pronuncia di fallimento) possono senz'altro essere utilizzate le comuni misure cautelari. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Le misure cautelari previste dall'articolo 15, legge fallimentare richiedono la contestuale presenza (e la relativa dimostrazione) di due presupposti, vale a dire: 1) il fumus boni iuris, da intendersi come la probabile sussistenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi necessari per la dichiarazione di fallimento a norma degli artt. 1 e 15 legge fallimentare; 2) il periculum in mora, vale a dire il rischio che, nelle more del procedimento prefallimentare, possa essere lesa la capacità produttiva ("... a tutela... dell'impresa...") oppure l'integrità fisica e/o giuridica (e quindi, il valore) dell'azienda ("... a tutela del patrimonio...") del debitore resistente, a mezzo, se del caso, di atti di distrazione dell'attivo ovvero di assunzione di nuovi debiti, e che, per l'effetto, in caso di successivo fallimento, sia impedita o resa più difficile, incerta o lunga o dispendiosa la liquidazione concorsuale e, quindi, l'an e/o il quantum di soddisfazione delle ragioni creditorie insinuate al passivo. Tali misure, peraltro, non essendo tipizzate dalla legge, possono assumere il contenuto più vario, da modulare in base alle esigenze del caso concreto, e consistere, tra l'altro, nel sequestro conservativo dei beni o dell'azienda del debitore, al fine di rendere inopponibili (mediante conferma della misura nella sentenza di fallimento) alla massa dei creditori gli eventuali atti di disposizione successivamente compiuti dallo stesso prima del fallimento, ovvero nel sequestro giudiziario dei beni o dell'azienda del debitore, al fine di evitarne (fino alla probabile apprensione del curatore) la dispersione materiale, ovvero ancora nella pronuncia di provvedimenti quali la sostituzione dell'imprenditore con un amministratore di tipo giudiziale o l'affiancamento dell'imprenditore con un custode, cui ogni decisione di straordinaria amministrazione debba essere sottoposta per l'approvazione, ovvero la semplice inibizione di compiere atti di straordinaria amministrazione o la necessità per l'imprenditore di munirsi di autorizzazione del tribunale per compiere determinate attività. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

(Provvedimento, titolo e massime tratti dalla rivista on-line www.ilcaso.it - Riproduzione riservata)

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[Questo provvedimento si riferisce alla Legge Fallimentare]