Corte d'Appello di Roma – Termine di prescrizione dell'azione revocatoria ordinaria promossa del curatore. Inammissibilità di quell'azione se volta a dichiarare l'inefficacia di una scissione societaria.
Corte d'Appello di Roma, Sez. Spec. in matera d'Impresa, 27 marzo 2019 – Pres. Benedetta Thellung Courtelary, Cons. Rel. Raffaella Tronci, Cons. Giuseppe Staglianò.
Fallimento - Azione revocatoria ex art 66 L.F. - Esperimento – Assoggettabilità a prescrizione – Applicazione dell'art. 2903 c.c. - Termine quinquennale - Decorrenza – Giorno in cui è stata data pubblicità all'atto.
Fallimento – Operazione di scissione societaria – Revocabilità – Esclusione – Proponibilità del solo rimedio dell'opposizione di matrice civilistica.
L'azione revocatoria ex art. 66 L.F., esperita dal curatore, in quanto revocatoria ordinaria è soggetta al termine di prescrizione quinquennale dal compimento dell'atto di cui all'art. 2903 c.c. e non a quello di decadenza di cui all'art. 69 bis L.F. e poichè la norma codicistica deve essere coordinata con la disposizione generale dell'art. 2935 c.c. la prescrizione deve essere fatta decorrere dal giorno in cui dell'atto è stata data pubblicità ai terzi, in quanto solo da quel momento il diritto a che ne possa essere riconosciuta l'inefficacia può essere fatto valere e l'inerzia del titolare protratta nel tempo assume effetto estintivo. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
In presenza di posizioni giurisprudenziali difformi, va condivisa la tesi favorevole all'inammissibilità della revocatoria della scissione societaria e ciò, non in quanto si debba dare prevalenza all'autonomia e alla disciplina societaria rispetto agli strumenti di tutela giurisdizionale e, in sede fallimentare, concorsuale diretti a preservale la garanzia patrimoniale, bensì in ragione del rispetto dei principi volti a garantire la certezza dei rapporti cui la disciplina societaria è ispirata, in particolare, al fine di evitare un ingiustificato surplus di tutela di talune categorie di creditori rispetto ad altri. Vero, infatti, che la scissione può essere utilizzata anche per intenti fraudenti (con ogni conseguenza penale ai sensi dell'art. 2629 c.c. e, ove segua il fallimento, ex art. 223, secondo comma, n.2 L.F.), ma non è partendo da condotte di abusivo ricorso a quell'istituto, che può manifestarsi in molte forme ed assolvere a diverse funzioni economiche, finanziarie e gestionali, che possono trarsi argomenti al fine della compiuta interpretazione della disciplina dello stesso. (Pierluigi Ferrini – Riproduzione riservata)
http:/ www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/21763.pdf
[con riferimento alla prima massima, cfr. in questa rivista: Cassazione civile, Sez. III, 04 aprile 2017, n. 8680 https://www.unijuris.it/node/3438; con riferimento alla seconda massima, si sottolinea che la Corte territoriale, a conforto della tesi sostenuta relativa all'inammissibilità dell'azione revocatoria delle operazioni di scissione societaria, ha ritenuto opportuno richiamarsi alla recente disciplina introdotta dal D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza), che all'art. 116, dedicato appunto alle operazioni straordinarie di trasformazione, fusione o scissione societaria che siano previte da un piano di concordato preventivo, prevede il trasferimento in sede concorsuale dell'opposizione di matrice civistica, statuendo che la validità di dette operazioni straordinarie può essere contestata dai creditori solo con l'opposizione all'omologazione del concordato]